In principio Bormida sono due, anzi tre: Bormida di Spigno, dalla confluenza di Bormida di Mallare e Pallare, e Bormida di Millesimo. Le sorgenti si trovano sul fronte montuoso che separa la Valle dal mare: da un lato le Alpi, dall’altro il Mediterraneo, i confini naturali di un Paese.
Atlas Bormida è un progetto artistico collettivo sulla Valle Bormida, tra Liguria e Piemonte, realizzato dal 2013 al 2016. Una collezione di storie, un’opera corale di disvelamento, uno spazio dove visioni e documenti, esperienze sonore e racconti, si innescano a vicenda. Esito di un lavoro culturale e investigativo sui luoghi condotto a più voci, Atlas Bormida è stato realizzato con la partecipazione di autori, artisti, ricercatori, studenti, giornalisti, tra cui Andrea Botto, Laura Cantarella, Alberto Momo, Alessandro Sciaraffa. Terreno comune ai diversi percorsi: il disvelamento di ciò che non è immediatamente visibile o riscoperto da un punto di vista decentrato rispetto alle narrazioni consolidate, evitando rappresentazioni semplicistiche e celebrative.
Opera digitale online che trova nel web la dimensione linguistica e divulgativa più efficace e performance temporanea nello spazio fisico, Atlas Bormida inaugura una modalità di produzione culturale e pubblicazione ancora inedita in Italia.
I protagonisti di Dodici cercatori, ricerca fotografica e video che Andrea Botto ha realizzato in Valle Bormida sono, come indica il titolo stesso, cercatori. Tra questi, il rabdomante e il cercatore d’oro si manifestano come gli abitanti naturali di questi luoghi, abituati a cercare ciò che non è immediatamente visibile e, proprio per questo, ancora più prezioso.
Il fotografo, dodicesimo cercatore, come il rabdomante, è guidato dal soggetto della propria ricerca; come il cercatore d’oro, preleva pazientemente minuscoli frammenti, piccole presenze preziose visibili a malapena. Investigatore tanto del territorio fisico quanto di quello virtuale, colleziona e risemantizza immagini objet trouvé, come Ando Gilardi, personalità eclettica della fotografia italiana vissuto a Ponzone, cui è dedicata una di queste storie. E ancora come lo speleologo o il minatore, il fotografo abbandona spazi consueti e mette alla prova la propria capacità di riconoscere lo spazio circostante senza l’elemento indispensabile all’esistenza dello sguardo: la luce.